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Trattamenti estetici col sangue? Tanti rischi, nessun risultato

immagine di una donna che sta per fare un trattamento estetico

A maggio 2019 un’operazione dei Nas ha portato al sequestro di strutture sanitarie private che effettuavano trattamenti estetici usando materiali emoderivati senza autorizzazione. Tale operazione ha portato alla luce un fenomeno preoccupante, che comporta seri rischi per il paziente, senza che esista nessuna evidenza scientifica della effettiva utilità.

Il fenomeno “Vampire Facial”

La cosiddetta Vampire Facial è un trattamento di bellezza che usa il PRP, ovvero un composto di plasma arricchito con piastrine. Il composto viene ricavato dal sangue dello stesso paziente, e dopo la lavorazione viene applicato direttamente sul viso o tramite micro-iniezioni. La moda ha cominciato a prendere piede negli Stati Uniti e ha conquistato, purtroppo, anche il favore di alcuni vip come la showgirl Kim Kardashian.

Trattamento inutile

Non esiste nessuna evidenza scientifica che testimoni l’efficacia di tale trattamento che si pone come obiettivo quello di ringiovanire la pelle del paziente. Al contrario I composti piastrinici vengono usati in chirurgia maxillo-facciale o odontostomatologica per rigenerare tessuti danneggiati ma sono procedimenti delicati che vanno effettuati sotto il controllo di strutture trasfusionali pubbliche.

I rischi per il paziente

Ad ottobre 2018 negli Stati Uniti è stato registrato il caso di una paziente di una spa che ha contratto un’infezione dopo essersi sottoposta a un trattamento di vampire facial. Non solo: la Spa è stata chiusa dalle autorità sanitarie che hanno invitato tutti i clienti a sottoporsi a test per HIV ed epatite. In Italia i trattamenti del genere si possono fare solo con sangue autologo, ovvero il sangue del paziente stesso. Questo potrebbe ridurre i rischi di infezione ma, come ha evidenziato l’operazione dei Nas, le strutture che offrono il trattamento potrebbero non avere nessuna forma di accreditamento presso i servizi trasfusionali pubblici e quindi non garantirebbero i necessari standard di sicurezza.

Pro-memoria

Ricordate sempre che qualunque struttura sanitaria privata, accreditata o non accreditata, che utilizza emocomponenti autologhi per uso non trasfusionale deve aver stipulato una specifica convenzione con la azienda sanitaria dove opera il servizio trasfusionale. Non essendoci ancora evidenze scientifiche a riguardo, tali trattamenti possono essere effettuati al momento solo in regime di sperimentazione, previa autorizzazione del comitato etico dell’azienda sanitaria interessata.


Data di pubblicazione: 12 giugno 2019 , ultimo aggiornamento 11 giugno 2019


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